La Tradizione Vitivinicola e Storica di Arquata del Tronto
Dal Passaggio di Annibale alle Testimonianze Moderne
Il territorio di Arquata del Tronto, incastonato tra i Monti della Laga e il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, custodisce una delle tradizioni vitivinicole più antiche dell’Italia centrale. Fonti storiche, testimonianze orali e documentazione istituzionale confermano la centralità di quest’area sin dall’età romana, sia come crocevia strategico lungo le vie di transito tra il Tirreno e l’Adriatico, sia come zona di rilevante produzione agricola e vinicola.
Questo documento propone una ricostruzione storica in ordine cronologico delle principali fonti che attestano il passaggio di Annibale attraverso l’Appennino e il ruolo del vino nel contesto culturale e produttivo arquatano.
- Tito Livio (I sec. a.C. – I sec. d.C.) – Ab Urbe Condita, Libro XXI, Cap. 38
Nel celebre Ab Urbe Condita, lo storico latino Tito Livio descrive le fasi successive alla battaglia del Trasimeno (217 a.C.), quando Annibale si dirige verso la costa adriatica:
“Postquam Hannibal per Apenninum transiit, multa pericula passa, magna cum virtute et prudentia cuncta peregit, tandem ad littus Adriaticum pervenit. Hic trans Tiberim flumen, in Sabinis montibus, et regionibus inter Truentum et Aternum flumina, ardua itineris itinera fecit.”
Traduzione:
“Dopo che Annibale attraversò l’Appennino, superò molti pericoli e con grande valore e saggezza portò a termine ogni cosa, giungendo infine alla costa adriatica. Qui attraversò il Tevere, nelle montagne Sabine e nelle regioni tra i fiumi Truento (odierno Tronto) e Aterno, affrontando itinerari impervi.”
Sebbene non venga citata direttamente Arquata, la descrizione di Livio coincide con l’area dell’attuale Alto Piceno, rafforzando l’ipotesi del transito dell’esercito cartaginese in questa regione lungo la strada verso sud e verso la costa adriatica.
Fonti:
Tito Livio, Ab Urbe Condita, Libro XXI, Capitolo 38.
- Tito Livio (I sec. a.C.) – Fonte diretta, recepita da Gabriele Rosa (1870)
Nel Libro XXII, paragrafo 9 dell’Ab Urbe Condita, Tito Livio descrive il passaggio di Annibale nel territorio del Piceno, all’interno di una campagna militare che segue la discesa dalle Alpi. Il testo afferma:
“vinum quoque vetustate corruptum iumentis lavandis adhiberetur”
Questa fonte rappresenta una delle più antiche attestazioni della presenza di grandi quantità di vino nel territorio piceno. L’espressione suggerisce che, oltre a una notevole disponibilità di frumento e vettovaglie, fosse presente anche una produzione vinaria così abbondante da rendere possibile l’uso di vino ormai deteriorato per scopi non alimentari, come il lavaggio degli animali da soma.
Nel secondo volume del Disegno della Storia di Ascoli Piceno (Brescia, 1870), lo storico Gabriele Rosa riprende e valorizza tale testimonianza liviana, evidenziandone la portata agraria ed etnografica. Rosa interpreta il passo come prova indiretta dell’esistenza, già nel III sec. a.C., di pratiche di vinificazione e conservazione nel Piceno, con particolare riferimento alla possibilità che si trattasse di vini cotti o stabilizzati termicamente, tecniche compatibili con la conservazione in quota e con un uso terapeutico del vino, coerente con le consuetudini appenniniche e sabine.
Fonti:
Tito Livio, Ab Urbe Condita, Libro XXII, Capitolo 9.
Gabriele Rosa, Disegno della Storia di Ascoli Piceno, Volume II, Brescia, 1870, pp. 45-50.
- Il “Valico di Annibale” – Spelonga e Poggio d’Api (Arquata del Tronto)
Localizzazione e rilevanza storica
Il cosiddetto Valico di Annibale si trova lungo la dorsale dei Monti della Laga, tra le frazioni di Spelonga e Poggio d’Api, nel comune di Arquata del Tronto. È un passaggio montano strategico che collega l’entroterra all’Adriatico, evitando le vallate più esposte ad imboscate e inondazioni.
Secondo la tradizione orale locale, Annibale avrebbe scelto proprio questo percorso per attraversare l’Appennino centrale durante la sua avanzata verso sud.
Fonti storiche e istituzionali
- Tito Livio, Ab Urbe Condita, Libro XXII (passaggio tra i fiumi Truento e Aterno compatibile con l’area del valico).
-
Regione Marche, Guida Ambientale Ufficiale (2022), p. 23:
“A pochi chilometri da Spelonga si trova il Valico di Annibale, luogo tradizionale del passaggio di Annibale con il suo esercito durante la discesa verso l’Adriatico.”
Funzione storica e attualità
Presumibilmente in uso già in epoca preromana, il valico rappresentava un punto di passaggio sicuro e strategico per attraversare l’Appennino centrale. Oggi è parte integrante di itinerari escursionistici e storico-naturalistici, che valorizzano il patrimonio culturale e ambientale della zona, connesso alle radici storiche e vitivinicole di Arquata del Tronto.
- Plinio il Vecchio e i vini dell’Appennino Piceno
Un secolo dopo, Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia (I sec. d.C.), descrive con ammirazione i vini prodotti lungo l’Appennino centrale. Nel Libro XIV, cap. 6 (60), egli scrive di:
“vini fulvi et melini coloris, ex sulphureis et apricis et umidis modice locis provenientes, diuturni et ad mare portari soliti.”
Traduzione:
Vini fulvi, dal colore ambrato o miele, provenienti da terreni solforosi, ben esposti al sole e moderatamente umidi, capaci di durare nel tempo e adatti al trasporto via mare.
Questa descrizione corrisponde con precisione alle caratteristiche pedologiche e climatiche della zona di Arquata del Tronto e Acquasanta Terme, dove esistono sorgenti termali e sulfuree, pendii ben esposti a sud e a ovest, terreni freschi e umidi ma ben drenati, e una tradizione vinicola documentata fin dall’epoca preromana.
Fonti:
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, Libro XIV, Capitolo 6, paragrafo 60
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